I nomi delle stelle
Solo poche stelle hanno un nome, nella maggior parte dei casi di origine araba, greca o latina. Si tratta delle stelle più luminose o di quelle la cui posizione rispetto al sole o alle stagioni e ad eventi stagionali, ricoprivano una particolare importanza, permettendo di programmare le attività agricole o la navigazione sicura. In alcuni casi le stelle hanno un nome proprio, come Arturo (da Arcturus= guardiano dell’orsa), nella costellazione di Bootes o Sirio nel Cane maggiore. Per la maggior parte invece derivano il loro nome dalla posizione nella costellazione di cui fanno parte, come Deneb, nella costellazione del Cigno, nome arabo che significa “la coda”, perché si immagina sia quella la sua posizione.
Solo in tempi più recenti, nel rinascimento si è sentita l’esigenza di catalogare tutte le stelle visibili ad occhio nudo, ma Claudio Tolomeo intorno al 150 dC aveva già catalogato 1022 stelle, raggruppandole in 48 costellazioni e descrivendone la posizione.
Nel 1603 fu introdotto da Bayer il criterio di attribuire la prima lettera dell’alfabeto greco alla stella più luminosa di ogni costellazione, seguita dal genitivo latino della costellazione di appartenenza; così Arturo è alfa Bootis e Sirio è alfa Canis Majoris. Alle stelle in ordine decrescente di luminosità, veniva quindi assegnata la lettera successiva dell’alfabeto greco: beta, gamma, delta e così via. Ma l’alfabeto in alcuni casi non bastava e allora nel ‘700 si introdusse la numerazione, non più legata alla luminosità, ma all’ordine di visibilità. Oggi le costellazioni riconosciute sono 88 e l’utilizzo dei telescopi ha ampliato molto il numero di stelle osservabili, pertanto si è reso necessario un diverso criterio di catalogazione. Esistono diversi cataloghi come HD e SAO in cui ogni stella è individuata dalla sigla del catalogo seguita dal numero progressivo assegnato alla stella nel catalogo; molto meno poetico ma assai funzionale per gli astronomi.